lunedì 26 maggio 2014

Nicola Samorì




Nicola Samorì


«Per ridare vita a un presunto maestro, talvolta lo si deve saccheggiare».

giovedì 22 maggio 2014

Medardo Rosso




Medardo Rosso

Affermava che << Niente è materiale nello spazio...noi non siamo che scherzi di luce>>.

martedì 20 maggio 2014

FULVIO DI PIAZZA - L’ISOLA NERA

FULVIO DI PIAZZA. L’ISOLA NERA

maggio 30 @ 19:00 - luglio 1 @ 19:00

| €6
Inaugura venerdì 30 maggio, ore 19
testi in catalogo di Marco Meneguzzo e Alberto Zanchett
Fulvio Di Piazza torna in Sicilia con un progetto pensato appositamente per gli spazi della GAM di Palermo ed espressamente dedicato alla “sua” isola. Nelle sale della Galleria d’Arte Moderna trovano spazio, dal 30 maggio al 1° settembretele di grandi e piccole dimensioni, un’installazione site-specific e una scultura inedita,L’Isola nera da cui la personale prende il titolo.
 Una sede museale quella della GAM che, per la peculiarità dei suoi spazi, rappresenta una sfida per l’artista siracusano che intende realizzare un’installazione di grande freschezza, “quasi da street artist” -come lui stesso afferma-, in grado di sdrammatizzare da un lato il prestigio del luogo e dall’altro l’effetto istituzionale della tela, suo supporto d’elezione.
Per questo, a poche ore dall’inaugurazione, Di Piazza si chiuderà nelle stanze di Via Sant’Anna per realizzare un enorme murale che farà da filo conduttore a tutti i dipinti esposti e troverà la sua massima espressione e vivacità nell’ultima sala dell’allestimento.
 Di particolare rilievo è la scultura inedita L’Isola nera: risultato di un affastellamento di oggetti tenuti insieme da cartapesta dipinta di nero, la scultura -che ha la forma della Sicilia- sembra realizzata in roccia lavica. Sul nero, Di Piazza è poi intervenuto con il colore, quasi a realizzare un quadro tridimensionale.
Quella dell’accumulo è del resto sua cifra stilistica e ritorna sia nei lavori tridimensionali che bidimensionali: anche sulle tele infatti sono riprodotti paesaggi antropomorfi che emergono dall’ammasso di particolari del tutto simili ai rifiuti nelle discariche.
In modo poco scontato, però, L’Isola nera è anche un lavoro profondamente autobiografico: “L’Isola nera sono io”, dice infatti Di Piazza, mettendo così a nudo in quest’opera uno degli aspetti più reconditi del suo animo. Se infatti l’artista ama dipingere autoritratti -che gli servono oltre che per sperimentare nuove soluzioni formali, come strumento personale di autoanalisi e di autocritica- questa scultura può a pieno titolo annoverarsi tra questi, in qualità di rappresentazione di un individuo avulso, nel bene e nel male, dalla società, ma che in essa spera presto di reinserirsi.
 Per quanto riguarda le opere su tela, Fulvio Di Piazza recupera in questi ultimi lavori elementi che fanno parte della sua storia artistica. Torna in modo preponderante la dimensione dell’invenzione surreale, dell’immagine fantastica, ma anche la creatività infantile, il capriccio, l’aspetto ludico.
Nella pittura, al contrario, si trova un elemento di grande novità rispetto alle tele precedenti: se fino a qualche tempo fa le forme emergevano dalla cura quasi maniacale del dettaglio, ora prendono vita da minuscoli tratti informali che, se guardati da lontano, danno luogo a forme riconoscibili, ma se osservati da vicino restituiscono un luminoso caleidoscopio astratto e iridescente di piccole pennellate.
 Da un punto di vista tematico, l’artista, da sempre sensibile ai temi legati allo sfruttamento delle risorse, riversa sulla tela la sua visione apocalittica di un mondo devastato dall’intervento umano e dai rifiuti.

Scheda della mostra
Titolo Fulvio Di Piazza. L’Isola nera
Sede GAM Galleria d’Arte Moderna - Via Sant’Anna 21, 90133 Palermo
Date 31 maggio – 1 settembre 2014
Inaugurazione venerdì 30 maggio, ore 19
Catalogo AfaEdizioni contesti di Marco Meneguzzo e Alberto Zanchetta
Progetto Ars Mediterranea
Patrocini istituzionali Comune Città di Palermo, GAM Palermo, Distretto Cultura Palermo
Ufficio stampa GAM Civita Sicilia
Main sponsor Elenka Palermo www.elenka.eu
Media partner Voir – www.voir.it
Sponsor tecnici Hotel Principe di Villafranca | Hotel Plaza Opera | Cantine Settesoli | C&s Eventi e Congressi
Orari martedì- domenica ore 9.30 – 18.30. Lunedì chiuso. La biglietteria chiude alle ore 17.30.
Biglietti mostra intero € 6,00 | ridotto € 4,00 | cumulativo mostra + museo € 9,00

Ufficio stampa NORA comunicazione - Eleonora Caracciolo di Torchiarolo
Via A. Sforza 9 – 20136 Milano
t. +39 339 89 59 372 – info@noracomunicazione.it – www.noracomunicazione.it

Albrecht Dürer




Albrecht Dürer

"Che cosa sia la bellezza io non lo so... Non ne esiste una che sia tale da non essere suscettibile di ulteriore perfezionamento. Solo Dio ha questa sapienza e quegli cui lui lo rivelasse, questi ancora lo saprebbe"

lunedì 19 maggio 2014

Joseph Beuys




Joseph Beuys


"Io pongo domande, metto sulla carta forme di linguaggio, così come forme di sensibilità, di intenti e di idee, e lo faccio con lo scopo di stimolare il pensiero. Per di più desidero non soltanto stimolare gli altri, ma anche provocarli.”

sabato 17 maggio 2014

KLIMT. Alle origini di un mito. - Mostra Milano

KLIMT. Alle origini di un mito. - Mostra Milano


Questi biglietti consentono l'accesso "salta coda" alla mostra dedicata a Gustav Klimt - Alle origini di un mito allestita presso Palazzo Reale a Milano. Inclusa nel biglietto anche l'audio-guida ufficiale. Inoltre tutti i biglietti sono "open".
NOTA BENE - OPEN TICKET: anche se avete selezionato una data e un orario, il biglietto dà diritto all'ingresso alla mostra in un giorno a propria scelta, all'orario desiderato, entro il termine del periodo di mostra.
La mostra, realizzata in collaborazione con il Museo Belvedere di Vienna e curata da Alfred Weidinger, affermato studioso di Klimt e vice-direttore del Belvedere, presenta per la prima volta a Milano alcuni dei più noti capolavori provenienti dai più importanti musei.
La mostra
La mostra ripercorre l'intera carriera artistica di Klimt: dalle opere giovanili come il Ritratto della sorella Klara, ai dipinti simbolisti come Acqua mossa, per arrivare alla celebre Salomé (Giuditta II) proveniente da Ca' Pesaro; dalla scoperta della rivoluzione estetica dello Jügendstil, con particolare attenzione ad illustrare la genesi della Secessione Viennese, di cui Klimt fu ispiratore e primo presidente fino allo straordinario 'Fregio di Beethoven'.

Luogo o città
Palazzo Reale
Indirizzo
Piazza del Duomo 12
Opening hours
Dal 12 marzo al 13 luglio 2014

Jasper Johns




JASPER JOHNS


Come nascono le sue opere? Trae spunto da qualcosa che ha effettivamente visto? O si affida a un flusso libero da vincoli?

<<Provo a seguire modelli che non ho mai frequentato. Preferisco partire da ciò che mi circonda, dalla mia quotidianità: spesso, da impulsi sciocchi. Osservando cose viste o trovate, oriento, la mia mente verso altri territori. Per me, fare arte è un modo per dare un nome a questi fantasmi: per farli tacere definitivamente. Nel tempo, ho assunto diversi atteggiamenti, che mi hanno permesso diverse azioni: ho solo adottato differenti strategie. Eppure, tutto questo non conta. Le mie intenzioni hanno valore solo per me: sono ininfluenti per chi guarda il quadro finito. Conta solo ciò che ho fatto: ciò che resta>>.

venerdì 16 maggio 2014

JACKSON POLLOCK. LA FIGURA DELLA FURIA

JACKSON POLLOCK. LA FIGURA DELLA FURIA

© Jackson Pollock, by SIAE 2014 | Jackson Pollock, Senza titolo, 1937-1939. Matite colorate e grafite su carta, The Metropolitan Museum of Art, New York
 
Dal 15 Aprile 2014 al 27 Luglio 2014
FIRENZE
LUOGO: Palazzo Vecchio
CURATORI: Sergio Risaliti, Francesca Campana Comparini
ENTI PROMOTORI:
  • Comune di Firenze
  • MiBACT
TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 055 2768325
E-MAIL INFO: incontra@civita.it
SITO UFFICIALE: http://www.uffizi.com

COMUNICATO STAMPA: Per la prima volta Firenze rende omaggio a Jackson Pollock (1912 -1956), uno dei grandi protagonisti dell’arte mondiale del XX secolo, colui che ha scardinato le regole dell’arte figurativa occidentale dissolvendo gli ultimi baluardi della prospettiva rinascimentale, e lo fa accostando idealmente l’opera dell’artefice americano a quella di un altro titano dell’arte universale, Michelangelo Buonarroti (1475-1564) di cui proprio quest’anno si celebra il 450° anniversario della morte. La mostra, promossa dal Comune di Firenze con il patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e la collaborazione dell’Opificio delle pietre dure di Firenze, è ideata e curata da Sergio Risaliti e Francesca Campana Comparini.
Il luogo prescelto per esporre ben sedici opere di Pollock è Palazzo Vecchio simbolo, e a tutt’oggi sede, del potere politico di Firenze, in particolare della città comunale e rinascimentale che fece dell’arte un elemento di forza della propria civiltà e del proprio prestigio nel mondo. E proprio in Palazzo Vecchio si conserva nel Salone dei Cinquecento Il Genio della Vittoria, una delle opere più celebri del Buonarroti, emblema di quelle tensioni contrapposte che caratterizzano la scultura michelangiolesca e che per vie sotterranee tornano a proporsi con assoluta enfasi nelle rivoluzionarie pitture di Pollock.
Il titolo della mostra, infatti, La figura della furia, vuole essere un riferimento allo stesso Pollock, alla sua figura nell’atto di dipingere le tele girandogli intorno, pervaso da impeto passionale e da un furore dinamico come in un rituale sciamanico. Al tempo stesso quel titolo allude all’espressione “La furia della figura” citata nel ‘500 dal teorico e pittoreGiovanni Paolo Lomazzo (1584) quando volle descrivere “la maggior grazia e leggiadria che possa avere una figura” pittorica o scultorea, che potesse essere realizzata dagli artisti del suo tempo”. Ed evidenziò che ciò che dava queste qualità è che la figura mostri di muoversi in un moto simile alla fiamma “… la quale è più atta al moto di tutte, perché ha il cono e la punta acuta con la quale par che voglia rompere l’aria ed ascender alla sua sfera”. Quel movimento spiraliforme, quella dinamica bellezza, fatta di parti non-finite e di forze contrapposte che Michelangelo conferiva alle sue figure con una lavorazione fisicamente travolgente e di cui il Genio della Vittoria è uno dei maggiori paradigmi. In questo senso è proprio la “furia” della figura creata da Michelangelo che si traspone in Pollock nell’atto di creare quel nuovo tessuto di segni che, se disgrega il mondo figurativo tradizionale, assegna una nuova immagine a quella intima potenza e a quella furia nella pittura.
Oltre ai sei cruciali disegni - eccezionalmente prestati dal Metropolitan Museum di New York e per la prima volta esposti in Italia - sono presenti alcuni dipinti e incisioni di Pollock concessi da musei internazionali e collezioni private: opere ancora giovanili degli anni Trenta, Panel with Four designs (1934 -1938, The Pollock Krasner Foundation, New York – per gentile concessione della Washburn Gallery, New York) e Square composition with horse (1937 – 1938, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma), dipinti degli anni Quaranta The water Bull (1946, Stedelijk Museum, Amsterdam) e Earth Worms (1946, Museum of Art di Tel Aviv) dove il suo stile più personale, nell’ambito dell’espressionismo astratto, si va definendo.
Prestigiosi poi gli altri prestiti dalla Pollock Krasner Foundation. Una serie di straordinarie opere grafiche: due del secondo lustro degli anni Quaranta, dove i tratti dello stile di Pollock iniziano a definirsi in modo più maturo nel realizzare figure e segni destrutturanti la stessa composizione che animano - andando talvolta a creare quasi serrate ragnatele di tratti - e dove riferimenti a Michelangelo, in particolare in una delle incisioni con grovigli di segni di figure, sembrano ricondurre a quello di corpi della Battaglia dei centauri del Buonarroti; altrettanto significative le altre due opere grafiche degli anni Cinquanta, in cui, a seguire i più celebri drip painting, torna a farsi urgente la necessità di confronto tra l’azione espressiva e la comunicazione figurativa di volti e anatomie, simili a maschere o sculture frammentate, non più coperte dal diluvio di segni e sgocciolature.
Infine, di notevole fascino, il dipinto Composition with Black Pouring di collezione Olnick-Spanu che Jackson Pollock teneva nel proprio studio con particolare affezione. Opera poi appartenuta a Hans Namut, il fotografo che con i suoi reportage del 1949 fece conoscere a tutti il modo di lavorare di Pollock.
L’idea di tale esposizione è nata studiando una serie di disegni dell’artista americano conservati al Metropolitan Museum di New York, già pubblicati nel 1997 da Katharine Baetjer in occasione di un’esposizione temporanea organizzata dal grande museo americano e dedicata a dei quaderni da lavoro di Pollock e alla sua relazione con gli ‘ antichi maestri’. In questi preziosi taccuini da disegno – Sketchbooks I, II – Pollock risulta fortemente impressionato dalle immagini della volta della Cappella Sistina e del Giudizio universale. Si riconoscono infatti almeno tre ignudi, oltre al profeta Giona, all’Adamo che riceve lo spirito della vita, ad alcune figure dal Giudizio. Pollock aveva avuto occasione di conoscere alcuni capolavori del Rinascimento italiano durante il suo apprendistato presso Thomas Hart Benton, uno dei grandi protagonisti della pittura americana della prima metà del ‘900. Benton era infatti un grande ammiratore di Michelangelo, come di Tintoretto ed El Greco, oltre che di Rubens, pittori che sottoponeva allo studio dei suoi allievi affinché apprendessero la resa delle forme del corpo umano, sottolineandone in particolare l’attenzione per i volumi, per il pieno e il vuoto, per la contrapposizione espressiva di forze interiori ed esteriori alla struttura fisica del corpo umano
Pollock andò però oltre l’esercizio della copia accademica di capolavori dell’arte rinascimentale e nella fattispecie di Michelangelo. I disegni in mostra manifestano, infatti, il coinvolgimento da lui riposto nello studio delle anatomie e delle muscolature, così da esprimere sentimenti di dolcezza e di grazia, ma anche di tensione e potenza, suggerite dalle rientranze e dalle sporgenze delle belle forme del corpo umano, misurandosi in questo senso proprio con la rappresentazione dinamica ed espressiva delle anatomie, del pieno e del vuoto, delle zone di rilassamento e di massima tensione dei muscoli e della carne. E’ qui che possiamo cogliere le basi delle composizioni astratte di Pollock, qui l’artista è alla ricerca di quel suo linguaggio che lo porterà oltre la tradizione figurativa europea. Tradizione che tuttavia rimase imprescindibile anche dopo il suo deliberato abbandono come ebbe a testimoniare Lee Krasner, artista e compagna di Pollock: “Molti quadri, tra i più astratti, cominciavano con un’iconografia più o meno riconoscibile – teste, parti del corpo, creature fantastiche. Una volta chiesi a Jackson perché non smettesse di dipingere i suoi quadri non appena una data immagine vi aveva preso forma. Mi rispose: Quello che voglio coprire sono le figure”.
Ed ecco manifestarsi nell’atto e nell’esito creativo il punto di similitudine fra i due grandi artisti a distanza di quattrocento anni. L’anelito alla creazione, l’impulso irrefrenabile dell’atto creativo che assume una valenza mistica nella ricerca mai paga della bellezza come assoluto e dell’infinito come limite e scopo dell’azione artistica. Come manifestazione di Dio per Michelangelo, per il quale la perfezione desiderata, vagheggiata, resta comunque meta irraggiungibile dovendosi confrontare con una dimensione soggettiva dell’ispirazione. Pollock, facendo il percorso contrario, ha comunque cercato di raggiungere il suo assoluto, la sua aspirata idea di armoniosa totalità, lasciando al proprio inconscio il compito esagerato di generare qualcosa di perfetto e d’infinito: Pollock, infatti, parte dalla percezione di un’immagine, ma arriva a disgregarla completamente, consegnandola così alle sue infinite possibilità di evoluzione, lettura e interpretazione.
In altre parole, Pollock introdusse un modo totalmente nuovo di dipingere, partendo dalla profonda comprensione della grande personalità artistica di Michelangelo e della sublime tragica dimensione della sua opera. Oltrepassando l’uso del quadro verticale posto sul cavalletto, egli stendeva la tela orizzontalmente sul pavimento per dipingerla su tutti i lati. Con questo procedimento Pollock arrivò a sviluppare la tecnica deldrippingin poche parole facendo sgocciolare il colore sulla superficie direttamente dai tubetti o dai contenitori e senza far uso del pennello. Tecnica definita action painting (pittura d’azione) -propria dell’espressionismo astratto - da Harold Rosemberg nel 1952 per descrivere l’urgenza dell’atto creativo del pittore coinvolto fisicamente e psicologicamente nell’azione del dipingere, talvolta con veemenza, con furore, come in una lotta, in un corpo a corpo con la tela, diventata nell’agone una vera e propria arena L’esito di questa ‘performance’ era rivolta al fatto che l’opera enfatizzasse l’atto generativo della pittura in assenza di un disegno o schematismo preliminare, perché arte e pittura forssero come originata in se stesse e per se stesse, senza mai perdere il controllo dei mezzi, quello della risoluzione durante il susseguirsi dell’action.
La mostra si compone di una seconda sezione nel Complesso di San Firenze e più precisamente nella Sala della musica che offre spazi interattivi, apparati multimediali e didattici, dove, attraverso allestimenti creativi, si propongono proiezioni e filmati sulla vita e l’arte dell’artista. Il progetto, oltre la mostra stessa, ha come obiettivo quello di contribuire ad esperire l'arte con strumenti nuovi ed attuali. Nel caso specifico vivere l'arte e comprendere le opere di Pollock attraverso immagini, suoni e filmati che suscitino una sollecitazione sensoriale capace di coinvolgere l'osservatore immergendolo nei drip painting, riproducendo l'ambiente in cui l'artista operava, tanto da percepire l'odore delle tinte, il senso di apertura illimitata (all over) delle sue azioni pittoriche. Le opere di Pollock possiedono infatti un’energia creativa capace di rapire e coinvolgere totalmente l’osservatore in un momento di profonda esperienza intellettuale e sensoriale.
Le grandi dimensioni delle tele assumono così il senso di rispecchiare il kosmo perfettamente ordinato, nella sua intrinseca forma caotica, capace di avvolgere colui che vi si trova di fronte: gli strumenti multimediali tenteranno di restituire e favorire questa immersione dell’uomo nell’universo infinito quale senso creativo originario dell’arte di Pollock. Oltrepassare una tela di Pollock, come vero e proprio ex-per-ire - etimologicamente un “passare attraverso” - è una delle tante esperienze sensoriali che la multimedialità di San Firenze vuole offrire al pubblico, in modo che l’immedesimazione dell’osservatore sia più fedele al vero.

Giotto da Bondone





Giotto da Bondone


<< ... Credette Cimabue nella pintura
 tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
si che la fama di colui è scura >>. 
                                                                                Dante Alighieri 

giovedì 15 maggio 2014

"Grandi madri grandi donne - Percorsi d'arte dalla preistoria al rinascimento" presso il Museo Casa Natale di Gabriele D'Annunzio

Grandi madri grandi donne
Grandi madri grandi donne
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Si è inaugurata sabato 8 marzo alle 17,30 a Pescara la mostra "Grandi madri grandi donne-Percorsi d'arte dalla preistoria al rinascimento" presso il Museo Casa Natale di Gabriele D'Annunzio.

Una ulteriore, proficua collaborazione tra le due Soprintendenze dell’Abruzzo, quella per i Beni Archeologici e quella dei Beni Storico Artistici ed Etnoantropologici, ha reso possibile rendere omaggio al ruolo della donna come madre, attraverso un suggestivo percorso tra antichi reperti archeologici e importanti opere d’arte del patrimonio abruzzese. Nel ventre della regione dormono immense testimonianze e periodicamente, grazie al lavoro di scavo o a ritrovamenti occasionali, riaffiorano, dopo secoli o millenni. Raccontano sempre nuove storie di uomini e soprattutto di donne, documentando l’alto livello di civiltà raggiunto dai popoli italici e le loro culture ben organizzate, in grado di raggiungere un'aspettativa di vita particolarmente elevata la quale sarà in parte ridimensionata al tempo della dominazione romana.Il percorso della mostra affronta il tema della figura femminile, nelle forme della “grande madre”, a partire dall’età preistorica quando la rappresentazione è affidata a immagini a volte di difficile interpretazione, ma con caratteri che rimandano agli elementi essenziali della donna e del suo ruolo di dispensatrice della vita; i tratti antropomorfi dell’eccezionale ciottolo dipinto in ocra rossa da Ortucchio (Aq), datato al Paleolitico superiore (13.000-11.000 anni fa), suggeriscono un richiamo alle “Veneri” preistoriche, sebbene rimangano aperte altre ipotesi.Ulteriore tappa del percorso è rappresentata dall’idoletto neolitico, proveniente dall’insediamento preistorico di San Callisto a Popoli (Pe): la figura, dai glutei fortemente accentuati, come in numerose altre rappresentazioni dell’epoca, indica una centralità dell’immagine femminile nello scenario religioso dell’epoca (VI-IV millennio a. C.), tanto da potervi riconoscere una Grande Madre o Dea Madre “simbolo archetipico della fertilità e del carattere elementare, soccorrevole, protettivo, nutriente”.Prerogative che riemergono anche in età classica nelle tre statue rinvenute nel 2003 a Luco dei Marsi (Aq), nel santuario dedicato alla dea Angizia.La divinità in terracotta (III-II sec. a.C.), seduta su un trono, nella sua armonica compiutezza; presenta una particolare cura nella resa di alcuni dettagli: le pieghe e la trasparenza delle vesti modellate nell’argilla e la sinuosità del morbido cuscino hanno un effetto di grande suggestione.Associata alla dea, nella quale è possibile riconoscere una divinità matronale legata ai cicli vitali, le due statue in marmo di Demetra/Cerere e Venere/Afrodite, di bottega rodia del II sec. a.C., rimandano al tema fertilità e dell’amore, qui tradotto nelle forme di pregevoli manufatti.La statuetta in terracotta della kourotrophos, rinvenuta nel santuario di Ocriticum (Cansano, Aq) e databile nell’ambito al IV sec. a.C., è invece una delle più antiche testimonianze in Abruzzo della rappresentazione della madre-nutrice, la donna che assicura con la propria esistenza la speranza della crescita, oltre il nostro tempo.Ancora nel Medioevo è la Madre Terra, felicemente irrigata dai percorsi fluviali, a rappresentare la principale sorgente di vita in questa regione impervia, di montagne, di valli e di orridi, dove è la donna il porto sicuro, il punto fermo di una umanità  in perenne cammino con l'alternanza delle lunghe,  silenziose e operose tappe  di pellegrini, uomini d'arme, mercanti e pastori. Che la donna sia il fulcro di questo peregrinare lo dichiarano innanzitutto i culti, ma anche le tradizioni e i saperi che si svilupparono nell'ambito della cultura agro-pastorale, all'interno di una società matriarcale che contribuì con la forza dei fornelli e dei telai a preservare un rapporto sano ed equilibrato con la Natura, governato dal fluire armonioso delle stagioni. E' un'operosità diffusa, senza sprechi, che mira a far tesoro di tutte le risorse, raccolte e ottimizzate per superare gli inevitabili disagi provocati soprattutto dal rigido clima invernale, dalle catastrofi naturali, dalle pandemie periodiche.La consapevolezza dei valori sottintesi alle testimonianze archeologiche e storico-artistiche ha quindi ispirato il progetto di questa piccola mostra costituita da poche ma assai rilevanti opere d'arte, indicative di un lungo, interminabile percorso che va dalla Preistoria al Rinascimento senza soluzione di continuità.Nel manifesto sono state infatti accostate le due opere emblematiche esposte: la straordinaria terracotta ritrovata nel santuario della dea Angizia, nume tutelare del Fucino, e la Sant'Anna Metterza, concessa in prestito dall'arcidiocesi di Chieti-Vasto, madre di tutte le madri e non soltanto della Majella.La prima, oltre ad essere una testimonianza dell'arte fittile, che in Abruzzo si è sviluppata in epoche antiche fino al nuovo mirabile picco con la produzione statuaria d'età rinascimentale, è soprattutto  un tributo ad una 'presenza' del territorio marsicano densa di risvolti simbolici e magici ancora tutti da sviscerare, per dissipare non pochi luoghi comuni e azzardate interpretazioni. Di questa 'presenza' c'è un riflesso anche nell'immaginifico Gabriele d'Annunzio, che chiama Angizia la protagonista de La fiaccola sotto il moggio, ovvero la figlia di un serpaio di Luco la quale "portava il nome della montagna amara" e per amore e interesse uccide con il veleno la moglie del proprio padrone.Il grande poeta, nella cui casa natale è ospitata la mostra, ci consegna anche alcune poetiche descrizioni della  Magna Mater nelle Laudi, in Elettra, rivelando ancora una volta una lungimiranza nella sua grande capacità di comunicare l'essenza più intima della sua terra amatissima.
All’ inaugurazione presso la Casa Natale di Gabriele d’Annunzio sono intervenute le curatrici della mostra Lucia Arbace,Soprintendente per i beni storici artistici e etnoantropologici dell'Abruzzo ed Emanuela Ceccaroni,Funzionario Archeologo della Soprintendenza per i beni archeologici dell'Abruzzo.




Redattore: GIUSEPPE LA SPADA

Andres Serrano




Andres Serrano


Fotografo americano e artista che è diventato famoso per le sue foto di cadaveri, mentre l'uso di feci fluidi corporei nel suo lavoro, in particolare il suo lavoro controverso "Piss Christ", una fotografia tinta di rosso di un crocifisso immerso in un recipiente di vetro di ciò che è stato preteso di essere propria urina dell'artista.



mercoledì 14 maggio 2014

Sophie Calle




Sophie Calle


<<[...]...ho conosciuto un non vedente e gli ho chiesto: "Cos'è per lei l'immagine della bellezza?". Lui mi ha risposto "Il mare, il mare a perdita di vista".>>

venerdì 9 maggio 2014

REMBRANDT VAN RIJN - AUTORITRATTO CON BERRETTO E IL BAVERO RIALZATO (1659)



REMBRANDT VAN RIJN
AUTORITRATTO CON BERRETTO E IL BAVERO RIALZATO (1659)



Antoni Tàpies


Antoni Tàpies


"Attraverso le mie opere cerco di affrontare i problemi della coscienza: incito lo spettatore ad intervenire sulla coscienza per condurlo ad una visione più profonda del quotidiano"